Come Superare una Rampa in Mountain Bike

Prima di affrontare una qualsiasi rampa occorre preparare in anticipo:
-il rapporto di cambio necessario, decidendo anche in quale sequenza e zona della rampa può essere necessario alleggerire ulteriormente la cambiata.
-definire a colpo d’occhio la traiettoria migliore da seguire
-preparare il fiato con una iper-ventilazione forzata: questo gesto poco istintivo, ci eviterà di trovarci in apnea a metà della rampa e dovrebbe essere forzato anche durante lo sforzo massimo per garantire eventuali ripetute di altri successivi tratti impegnativi.

Mentre che la pendenza aumenta dobbiamo raccogliere la nostra posizione con una trazione al manubrio e avanzamento progressivo della seduta sino a raggiungere l’estrema posizione di portare la punta della sella sull’osso sacro. (in gergo ciclistico da strada si dice pedalare in punta di sella e generalmente lo si adotta nelle progressioni delle volate dove si pedala a stantuffo perché il numero delle pedalate è altissimo). In questa fase si rende necessario mantenere il contatto con la sella, scaricando il maggior peso possibile sino al limite di ribaltamento, questa operazione garantisce la migliore aderenza del pneumatico posteriore per la necessaria trazione. Un eventuale fuorisella (pedalata in piedi ) può essere l’ultimo estremo tentativo di superamento del tratto difficile, ma può causare un rischioso slittamento della ruota con perdita di aderenza/trazione che, deve poter essere prontamente recuperata se ancora disponibili abbastanza energie e fiato. L’utilizzo di MTB con ammortizzatore posteriore è di sicuro aiuto nel superamento delle rampe sino ad una certa ripidità: sopratutto in condizioni di terreno sconnesso, L’ammortizzatore assorbe il passaggio sulle asperità, evitando la perdita di equilibrio. Oltre una certa pendenza invece, l’ammortizzatore non è d’aiuto, anzi flettendo riduce il controllo dell’impennata: quindi se possibile occorre bloccarlo repentinamente. La forcella anteriore invece conviene sempre lasciarla sbloccata e il più morbida possibile in modo da assorbire al meglio le asperità, riducendo così nuovamente il rischio di impennata. Tra una rampa e l’altra occorre cercare di recuperare energie e fiato: dove spiana, rallentare al limite dell’equilibrio e iperventilare abbondantemente. Se necessario e possibile prima di affrontare una nuova salita si può approfittare di un appoggio con una mano senza smontare di sella: questa soluzione permettere di riprendere fiato e di rientrare in soglia con i battiti.

Detto questo: Se la rampa non è ciclabile o si è perso l’equilibrio come ripartire in salita dopo un breve tratto a spinta?
-Si posiziona la MTB di traverso (da dx o sx dipende dalla gamba + forte) a 160-170° rispetto alla direzione di salita e con la ruota posteriore libera da ostacoli,
-si sale in sella (lato a monte) e con il pedale a valle in posizione di spinta si tenta il colpo con una energica pedalata
-se sufficiente si cerca il secondo pedale e via, altrimenti si ricomincia. Se non ci sono + possibilità di pedalata e il percorso a spinta diventa abbastanza lungo e impervio di solito non conviene procedere a spinta con la bici al fianco: si sprecano troppe energie.

Quindi non resta che caricarsi la MTB in spalla….come?
-per brevi spostamenti si appoggia il tubo orizzontale su una spalla. Questo sistema è anche la soluzione più sicura di trasporto, perchè in caso di perdita di equilibrio permette di abbandonare la bici senza rimanerne impigliati
-il trasporto più efficace per medie percorrenze su terreni sicuri (guai a scivolare in questo modo incastati nella MTB; la didattica delle scuole MTB condanna questo sistema) prevede invece di indossare la MTB appoggiando il tubo verticale di traverso sulle spalle dietro il capo o da questa posizione, facendo scorrere la bici indietro appoggiare: su una spalla il tubo orizzontale e sull’altra il tubo obliquo bilanciando la con le mani su manubrio e forcella. Nel caso di passaggi insidiosi all’orizzonte si “sveste” la MTB e si passa al sistema 1).
-per lunghi dislivelli e/o con frequenti passaggi insidiosi non resta che fissare con un cordino il tubo orizzontale alla maniglia centrale dello zaino e caricarsi il tutto sulla schiena, cercando con le braccia di mantenere la MTB in equilibrio. Se anche con questa soluzione non si riesce + a proseguire significa che avete sbagliato attrezzo: la bici non serve più dovete passare all’arrampicata sportiva.

Consigli semplici da seguire.

Bici da Crono e Posizione

L’argomento del giorno è la posizione sulle bici da crono, un argomento “ostico” che però affascina i ciclisti che pretendono alte prestazioni da se stessi e dal mezzo. Faccio questa ricerca non per fare il professore in cattedra (odio fare l’insegnante quando so così poco) ma piuttosto per risolvere un mio problema personale di settaggio del mezzo. Durante questo percorso ho pensato fosse interessante condividere le mie esperienze con chi apprezza lo sforzo della ricerca. Sono partito da Cancellara (scusate se è poco…) e sulla base di queste immagini più una letteratura del caso sono arrivato a queste conclusioni.

I telai da crono hanno angoli di 75° (come quelli da pista) ma l’angolo effettivo è superiore, si arriva a 80° stando in punta di sella, questo porta un avanzamento generale del corpo e porta anche fuori allineamento ginocchio-pedale nel punto di massimo sforzo della pedalata. L’allineamento ottimale per la bici da strada normale è ginocchio e asse del pedale, in questo caso invece si perde l’allineamento per stare più avanzati.

Gli angoli del busto, come si vede dalla foto, rispondono alla logica dei 90°

L’UCI impone 5 cm come distanza minima asse perpendicolare da punta sella al movimento centrale, solo in pista si può arrivare al max in allineamento al M.C. mai oltre. Questo vuol dire che dobbiamo portare al massimo la sella in avanti, e girare il canotto qualora fossimo troppo indietro.

La distanza “C” tra piano sella e piano appoggio avambracci è data dalla formula: C= 0,005 x D al quadrato (D= distanza centro MC – fine sella) – 0,2 x D – V (V= variabile aggiustamento compresa tra 0 e 3 cm.). Es. [io ho D= 78,5cm] sarà C= 18 circa, dalla quale posso togliere fino a 3 cm per il settaggio personale.

Come Regolare le Tacchette

Insieme all’altezza della sella, della posizione del manubrio, della postura in genere, è una componente essenziale per pedalare correttamente e ottenere la massima resa. Spesso un non corretto posizionamento può creare problemi anche muscolari e di tendini. Per questa ragione ci vuole attenzione e cura nel trovare la giusta posizione. Sono essenzialmente due regolazioni da fare: avanti/dietro e rotazione del piede.

Avanti/dietro: in linea di massima la posizione giusta si ottiene quando il perno del pedale (zona in cui si trasferiscono gli sforzi) è coincidente con la massima sporgenza interna del piede. Un leggero avanzamento correttivo in avanti serve per chi pedala di agilità, un leggero arretramento serve per chi tira rapporti più lunghi.

Regolazione della rotazione del piede: normalmente l’azione delle ginocchia è corretta quando i piedi sono leggermente divaricati, questo però varia da persona a persona anche di qualche grado, e bene una visita specialistica per capire come sono angolati i nostri piedi, in assenza si può procedere con piccoli aggiustamenti sino alla soluzione ottimale. Nel mio caso per esempio ho constatato che non c’è simmetria tra gli angoli della rotazione plantare.

Per fare le misure fate la distanza tra tallone e telaio. Fatto questo aggiustamento quello che è essenziale è verificare la distanza delle tacchette rispetto alla verticale in linea anca-ginocchio-caviglia un posizionamento diseguale non verticale comporta che lo sforzo anzichè in asse rimane spostato lateralmente, ne consegue che le ginocchia lavorano in modo sbagliato e si creano alterazioni.

Itinerari in Mountain Bike – Malta e Gozo

Una settimana al caldo in inverno è un desiderio di molti, i più fortunati riescono ad andare in paesi tropicali con destinazioni molto “famose” ed “ambite”, ovviamente anche i costi per l’acquisto di un biglietto aereo intercontinentale salgono in maniera esponenziale, noi ciclisti invece, ci “accontentiamo” di un viaggio alla portata di molti, con costi decisamente più contenuti e non troppo lontano dai luoghi dove viviamo. Una meta che ci consente di pedalare in condizioni climatiche primaverili pur essendo in pieno inverno. La scelta è andata su Malta, un’isola del Mediterraneo a sud della Sicilia, dell’estensione di 40 km di lunghezza per una ventina di larghezza, dove l’altezza massima delle sue colline sono di circa 250 metri e dove la temperatura media a gennaio è di 15-20 gradi.

PARTE SUD DI MALTA
Punto di partenza del nostro viaggio è stata Valletta, capitale della Repubblica, una visita rapida senza soffermarsi in musei o chiese in quanto intendevamo ritornare. Da Sliema a Valletta ci si arriva con una strada che costeggia il porto turistico, pur essendo vicina in linea d’aria, il percorso non è brevissimo perché bisogna ripercorrere le insenature dei due golfi per intero. Giunti alla base della Rocca fortificata di Valletta si sale sino ad arrivare alle porte. Dalle mura fortificate una splendida vista sulle tre città della Cottonera: Vittoriosa, Cospicua e Sanglea. All’interno della rocca ci sono due vie parallele pedonali con numerosi palazzi delle istituzioni maltesi che facevano un tempo parte dei possedimenti della compagnia dei Cavalieri di Malta (un ordine religioso e militare che aveva la funzione di difendere i pellegrini a Gerusalemme). La nostra tappa è proseguita alla volta delle tre città, visitando nell’ordine: Cospicua (a nostro giudizio quella meno interessante), Vittoriosa , che conta numerosi palazzi di pregio e poi una straordinaria marina su cui si affaccia il Casinò, ed infine Sanglea, con una bella via principale che porta ad un punto panoramico sulla baia proprio di fronte alla città fortificata della Valletta. Uscire dalla città e sobborghi non è una cosa semplice, poche le indicazioni, ed intenso traffico e smog. Forse per una vacanza in bici è meglio pernottare fuori dai grandi centri urbani, anche se essere a Sliema ci permette di avere a disposizione le serate in città. La destinazione della tappa successiva è Marsaklokk. Questa cittadina è interessante perché è rimasta ancora legata alle tradizione dei pescatori, si trovano infatti ancorate numerose imbarcazioni tradizionali colorate dette Luzzu, caratteristiche per il loro “occhio” sulle fiancate. Il villaggio si estende intorno ad una marina dove si trovano numerosi ristorantini per mangiare il pesce. Alla domenca si svolge un mercato molto frequentato e pieno di turisti e gente locale. Il tragitto è proseguito sul mare arrivando a Birzebbuga, una città balneare graziosa, abbiamo proseguito costeggiando dei depositi di container e centri di accoglienza per stranieri, ma d’altronde la realtà è fatta di una moltitudine di cose e non si potevano fare strade diverse. Arrivati a Zurrieq, ormai in tarda giornata, e pur volendo visitare la Blue Grotto, abbiamo deciso il rietro a Sliema. La strada in discesa e molto tranquilla (finalmente) che costeggia l’aeroporto, permette di tagliare in metà l’isola senza grandi sforzi e abbastanza rapidamente.

Idee per l’allenamento:
Malta è un’isola molto abitata, di conseguenza trovare delle strade isolate è molto difficile, una strada molto valida per fare un allenamento in bici da corsa è quella che viene chiamata la n°1 che collega Valletta a Marfa Point, una strada a grande scorrimento (con molti tratti con corsia preferenziale per le bici) con due passi di 3-4 km di salita, il primo Mellieha Ridge ed il secondo Marfa Ridge, si va e si ritorna sulla stessa strada, oppure di può effettuare una variazione con un altro passo in prossimità della Victoria Line – nella sezione GPS su www.bicibikers.com c’è questo tratto di strada in GPS, che parte da Golden Bay e arriva ad un bivio nei pressi di Mosta, una bella strada panoramica e molto tranquilla. Per gli allenamenti conviene partire al mattino presto.

MALTA CENTRALE
Prima tappa a Mdina (dall’arabo: città fortificata) e Rabat (zona fuori le mura), partendo sempre da Sliema. Come già scritto, non è facile uscire dalla città, abbiamo preso delle strade molto trafficate, direzione Birkirkara. E’ comunque vero che appena un po’ fuori, ci si toglie dal casino, è la zona intorno a Mdina è molto bella perché coltivata, con i classici muretti di pietra a secco, inoltre essendo più elevata, si gode una bella vista della parte sud dell’isola. Mdina è a nostro giudizio, la città più bella di Malta e i suoi dintorni sono i più indicati per gite in MTB. E’ bella visitarla anche perché è tutta pedonale. E’ circondata da mura e all’interno si trovano i palazzi dell’antica nobiltà maltese. Rabat, appena fuori le mura, è anche interessante ci sono alcune vie caratteristiche è palazzi più modesti ma ugualmente belli, inoltre da segnalare le catacombe di San Paolo e Sant’Agata, che meritano una visita. Il viaggio prosegue verso ovest, in direzione Dingli, dove parte un percorso in quota che consente di cogliere l’aspetto morfologico delle scogliere omonime. La vista è straordinaria, il percorso rimane pressoché in quota, sino alla Laferla Cross (croce). Il percorso è stato mappato in gps, e dura circa 12 km www.bicibikers.com. Dopo Laferla Cross si scende per strade minori sino ad arrivare ai siti archeologici di Mnajdra e Hagar Qim, molto interessanti dal punto di vista storico anche se 9 euro sono un prezzo un po’ elevato per l’ingresso. Proseguendo per 2 km circa si arriva al punto panoramico del Blue Grotto. Una vista molto bella su questo tratto di costa scavato dal mare. D’estate è possibile effettuare delle gite in barca. La strada del ritorno prosegue verso Qrendi, e si ricongiunge con la strada che costeggia l’aeroporto.

VISITA A GOZO

Partire da Sliema, in giornata, per effettuare una gita a Gozo e da sconsigliare per quelli non allenati, tanto per darvi delle indicazioni di massima, a fine giornata si fanno 50-60 km con un dislivello complessivo oltre i 1300 metri in condizioni spesso ventose in inverno. Da Sliema, si procede per il lungomare sino a S. Gwann, e San Julian’s, nella piccola baia si prende la strada in salita e si va ad agganciarsi alla statale n°1, per chi ha il GPS, c’è pubblicata una traccia per un’itinerario consigliato per gli allenamenti. La statale n° 1 è molto trafficata soprattutto nei pressi della città, ma appena si esce, in riva al mare, offre splendidi paesaggi delle baie che si susseguono sulla costa nord di Malta, la n° 1 ha una pista ciclabile (corsia) e su un lato è anche illuminata (non tutta ma una buona parte). Ii percorso sino a Bugibba è ondulato senza grosse asperità, ma dopo si devono superare due passi di 3-4 km con dislivelli di 200-250 metri. La vista appaga, si vedono baie dalle acque cristalline, fortezze e paesi arroccati, e sullo sfondo la meta finale, le scogliere di Gozo e Comino. Al termine della discesa dell’ultimo passo, c’è il porto dei traghetti per Gozo (info: www.gozochannel.com) il costo per un passaggio + bici è 6 euro, può capitarvi uno sconto con il ritorno gratuito. Arrivati al porto di Mgarr, siamo saliti a Vittoria (Rabat), la capitale di Gozo. Da vedere, la fortezza, dalla quale si gode il panorama dell’isola e serve per rendersi conto dell’insieme e poi per orientare le escursioni. Gozo è più verde di Malta ed è meno costruita, ci sono meno abitanti, ed è più tranquilla. Si capisce già da subito che Gozo è un’altra storia rispetto a Malta, per noi, amanti della MTB e delle attività outdoor, è sicuramente la destinazione ideale per delle vacanza a Malta e isole vicine. Con pochissimo tempo a disposizione, circa 4-5 ore, abbiamo scelto due destinazioni di Gozo suggerite oltre a Vittoria: la Azure Window, uno spettacolare arco in roccia che emerge dal mare, e Ta Cenc, le scogliere a picco sul mare. In entrambi i casi per accedere, bisogna scendere di quota e poi risalire, ma ne vale la pena. Azure Window, oltre all’arco offre un panorama favoloso sulla baia con Fungus Rock dove l’antico ordine dei cavalieri di Malta avevano trovato una pianta miracolosa per le guarigioni che sembrava un fungo. Il rientro a Sliema per la stessa strada dell’andata.

VALLETTA E SITI ARCHEOLOGICI
Una giornata dedicata alle bellezze architettoniche della città di Valletta e di alcuni siti archeologici che si trovano nelle vicinanze. Un itinerario poco impegnativo sotto il punto di vista sportivo, ma interessante perché con la bici ci si riesce a muovere agilmente addentrandosi nel dedalo di viuzze della città vecchia e percorrendo una parte sommitale dei forti che contornano la città, a piedi sarebbero troppo lunghi e stancanti da percorrere. La prima visita effettuata è stata alla Cocattedrale di San Giovanni, dallo sfarzosissimo interno barocco ed esterno austero. Un audio guida fornita all’ingresso permette di svelare la storia dei Cavalieri di Malta. Lungo la trafficata arteria principale di Valletta ci siamo portati a Paola una cittadina su un’altura a breve distanza dalla città che ospita l’Ipogeo di Hal Saflieni. La visita deve essere rigorosamente prenotata in anticipo perché per preservare le condizioni atmosferiche all’interno della cavità il numero di visitatori non deve superare le dieci unità. La visita dura circa un’ora ed è preceduta da un’audio video. Il sito è uno delle più antiche necropoli del Mediterraneo risalente a 5000 anni fa. Rientrati a Valletta ci siamo soffermati sulle mura per godersi il tramonto e abbiamo effettuato il rientro a Sliema con un piccolo battello della flotta turistica del Capitan Morgan.

COSTA NORD E VICTORIA LINES
Ultimo giorno di viaggio, dedicato alla costa meno abitata e paesaggisticamente più interessante di Malta, per arrivare bisogna ripercorrere la strada n°1 (la stessa che abbiamo preso per andare all’isola di Gozo e che abbiamo descritto precedentemente), questa volta però, avendo più tempo a disposizione, ci siamo addentrati nei vari golfi che si susseguono verso nord. La prima fermata è a Balluta bay, a St. Julian’s, una baietta stretta e molto costruita, ma nell’insieme molto carina. Molto più grandi e dalle acque cristalline le baie di Bahar, Qalet e Salina. In inverno completamente vuote di bagnanti ma non osiamo pensare ad agosto. Giunti a St. Paul Bay, ci siamo diretti a Golden Bay sulla strada 118 che attraversa un territorio pressoché agricolo. Questa zona di Malta è quella più rurale. Dopo una breve sosta ci siamo diretti sulla Victoria Line, un’altura 250 mt slm alla cui sommità a fine Ottocento è stata edificata una fortificazione per la difesa di Malta, si tratta di postazioni isolate di artiglieria una linea appunto. Dalla sommità una spettacolare vista su tutta l’isola, soprattutto Mdina e Mostar. Proprio in questa città termina la nostra tappa, e ci soffermiamo con una visita alla Chiesa della quale si nota la vistosa ed imponente cupola. Rientro a Sliema per strade trafficate ma in discesa.

Come Fare Allenamenti di Qualità

Per cominciare, la specializzazione, oggi, interessa trasversalmente tutti i livelli di pratica e i cicloamatori dimostrano tutti una grande dimestichezza con i concetti di soglia, ripetute di potenza, Sfr, fartlek, ecc. Di sicuro, ognuno interpreta la qualità come l’intensità confacente al proprio livello di pratica, ma in comune c’è il fatto che pure chi si allena “solo” tre volte a settimana è fermamente convinto che sia più proficuo investire sugli aspetti qualitativi piuttosto che consumarsi in estenuanti e ripetute sedute di fondo lungo o lunghissimo, come si faceva una volta.

Tra tutti gli sport, il ciclismo è uno di quelli in cui è molto difficile, se non impossibile, esercitarsi soltanto nelle espressioni atletiche che, per semplificare, si è soliti far rientrare nell’ambito della “qualità”: la componente aerobica della resistenza di lungo e, ancora più spesso, di lunghissimo periodo, è infatti predominante nel nostro sport. Per la scienza dello sport, anche uno sforzo di durata superiore al minuto è definibile come sforzo di lungo periodo. Questo è il motivo per cui, quando ci si esercita nelle ripetute in salita piuttosto che nei tratti cronometrati, si vanno a stimolare qualità atletiche che è più facile assimilare agli esercizi di fondo e non ai lavori di forza, di coordinazione e di velocità pura, che sono invece quelli tipici degli sport in cui la componente prevalente è quella anaerobica (sollevamento pesi, discipline di velocità dell’atletica leggera, ecc.). Questa premessa di metodo è importante: serve ad assegnare uguale “dignità” allenante ai lavori di qualità come gli scatti, le progressioni corte,
gli sprint o le volate simulate, i lavori che tanti fondisti, ancorché di alto livello, considerano poco redditizi. La loro opinione, generalmente, è questa: «Il tempo dedicato al lavoro specifico preferisco impiegarlo per fare le Sfr o per le salite al medio, perché sono più redditizie e perché mi fanno esercitare in un modo molto simile alle condizioni che troverò alla granfondo (o alle mediofondo)». Il ragionamento degli amatori è corretto perché ha un senso, ma il senso non è quello che spesso si immaginano. Gli scatti, gli sprint o i lavori di alta velocità sono degli esercizi altamente qualificanti per l’allenamento del ciclista, perché rendono più completo il programma di preparazione andando a “costruire” la condizione esercitando tutte le espressioni atletiche di resistenza (di lunghissimo, lungo, breve e, appunto, brevissimo periodo). Il fatto che per un cicloamatore siano da evitare è solo legato al fatto che, essendo esercizi di altissima qualità, richiedono una grande concentrazione mentale e una grande precisione nell’eseguirli. Va aggiunto, inoltre, che, molte volte, tali esercizi poco si conciliano con l’età dei diretti interessati, spesso superiore ai 40 anni.

C’è poi una tendenza molto diffusa ad accoppiare il concetto di ripetuta, e quindi di qualità, con il periodo invernale, in particolare dal mese di gennaio in poi. Lo schema prevalente nell’allenamento, infatti, è questo: «A dicembre (e in certi casi a novembre) riprendo la bicicletta, ma solo per fare un po’ di kilometri in scioltezza. A gennaio comincio a esercitarmi con le ripetute. A febbraio continuo le ripetute e, anzi, le approfondisco, sia nel numero che nella durata, e poi a marzo (o aprile, per gli amatori dell’Italia più settentrionale) abbandono i lavori specifici perché iniziano le corse e, a questo punto, le uscite infrasetttimanali diventano solo “sgambate”». In pratica, si fanno due o tre mesi consecutivi di qualità e basta, perché, nel periodo agonistico, quasi tutti reputano sbagliato continuare ad effettuare ancora lavoro specifico. «Non c’è allenamento migliore della gara – dicono spesso gli amatori -, per questo, quando cominciano le corse, non ha senso continuare a fare ripetute, perché lo stimolo della gara è di per sé molto più allenante della migliore ripetuta». Anche questa volta siamo obbligati a “correggere il tiro”: questa posizione ha un base di verità, ma ha anche molte incongruenze. Risulta essere vero che la gara rappresenta il momento in cui il fisico riesce a raggiungere le intensità di sforzo più elevate ed è vero che le stesse intensità costituiscono lo stimolo migliore per determinare un adattamento nel fisico, ma, come ricorda la principale legge della costruzione della “condizione”, qualsiasi tipo di stimolo allenante crea un livellamento (e a lungo andare uno scadimento) della condizione, se è ripetuto troppo a lungo nel tempo. Questa legge è valida sia quando la monotonia è riferita all’allenamento sia quando è riferita alla gara. Insomma, il migliore stimolo allenante per il fisico è sempre quello più vario ed eterogeneo possibile. Ben vengano, quindi, dei periodi di interruzione dall’attività agonistica durante la stagione, ai quali si possono fare coincidere dei cicli (o microcicli) di allenamento durante i quali riprendere ad esercitare, ancora meglio se con esercizi diversificati, le espressioni atletiche allenate durante il periodo di allenamento principale, che, per esigenze di calendario (gare principali concentrate soprattutto tra aprile e giugno), non può che continuare ad essere quello svolto nel periodo invernale e di inizio primavera.

Se si parla di allenamento di qualità, i cicloamatori assimilano subito il concetto alla salita, perché questo è il terreno d’elezione per fare le ripetute, per effettuare lavori di forza oppure, semplicemente, per mettersi alla prova su un tratto di strada che si è soliti scegliere come test. Inoltre, la predilezione per la salita risulta anche dalla sua affinità con
le condizioni che poi ci si ritrova in gara, specificatamente alle granfondo: «Alle granfondo c’è molta salita e, quindi, è su questa che è bene allenarsi», è il ragionamento dei fondisti. Ancora una volta, però, siamo obbligati a correggere questo punto di vista: l’allenamento in salita è sicuramente molto redditizio, ma lo è soltanto perché la strada in pendenza è il terreno che meglio predispone il ciclista ad effettuare dei lavori di qualità. In realtà, intensità di lavoro simili a quelle che si raggiungono in salita le si potrebbero allo stesso modo raggiungere in pianura o su una strada con “mangia e bevi”. Affiancare alle ripetute in salita dei lavori altrettanto specifici effettuati su altri terreni renderebbe il percorso di preparazione più vario e quindi più completo, perché stimolerebbe il fisico
sia dal punto di vista dell’intensità dello sforzo sia da quello, di ambito biomeccanico, relativo agli aspetti di coordinazione e di posizione in sella. Le ripetute in pianura, ad esempio, portano a coinvolgere distretti muscolari che nei lavori in salita sono meno sollecitati. Ciò che porta il cicloamatore a evitarli è proprio il fatto che sono spesso più difficili da eseguire, perché implicano un maggiore coinvolgimento degli aspetti di coordinazione, oltre a quelli di intensità dello sforzo già di per sé connessi con il tipo di lavoro eseguito. Escluderli dal piano di allenamento rende però la preparazione più ripetitiva (e, come detto prima, meno redditizia), mentre inserirli nella tabella rappresenta un importante elemento qualificante e, non da ultimo, rende il lavoro di qualità più stimolante, proprio perché meno monotono.